Morte del feto
In caso di morte endouterina fetale (MEF) il padre del concepito può agire in giudizio per ottenere il risarcimento dei danni patiti. È quanto stabilito dalla seconda sezione civile del Tribunale di Palermo (sentenza n. 42 del 07.01.2022).
Due coniugi convenivano in giudizio una nota casa di cura palermitana ritenendola responsabile della morte intrauterina del loro secondogenito avvenuta alla trentaseiesima settimana di gravidanza.
La gestante era affetta da diabete mellito di tipo II, diagnosticato in epoca precedente al concepimento; patologia che esponeva il feto ad un’alta probabilità di malformazioni, ritardi di crescita, ipoglicemie neonatali e morti intrauterine. Secondo i consulenti tecnici nominati dal Tribunale, le gravidanze diabetiche presentano un tasso più elevato di mortalità intrauterina rispetto alle gravidanze di donne non diabetiche. Per tale ragione la gravidanza andava qualificata come “a rischio” e la gestante avrebbe dovuto essere sottoposta a controlli specifici per consentire ai medici di monitorare le condizioni di salute della madre e del feto al fine di valutare l’eventuale anticipazione del parto. Secondo il Tribunale palermitano, la condotta dei sanitari, che entrarono in contatto con la gestante, fu connotata da negligenza consistita nella inadeguata valutazione dei fattori di rischio e dei segnali che avrebbero meritato maggior attenzione in vista di un’eventuale anticipazione del parto. Le attività omesse dai medici non hanno invece permesso di evidenziare precocemente la sofferenza fetale e di anticipare il parto, impedendo, in tal modo, la nascita di un feto vivo e con buone possibilità di sopravvivenza.
Accertata la responsabilità della struttura sanitaria, il Tribunale si è occupato di individuare i soggetti legittimati ad agire in giudizio per ottenere il risarcimento. Secondo il Giudice, il contratto stipulato tra la gestante e la struttura sanitaria, avente ad oggetto la somministrazione di cure finalizzate a garantire il corretto decorso della gravidanza, estende i suoi effetti protettivi anche a vantaggio del padre del concepito, il quale in caso di morte intrauterina del feto e di responsabilità dei medici, può agire per ottenere il risarcimento del danno subito quale conseguenza del decesso. Nel caso di specie, il Tribunale di Palermo ha riconosciuto il risarcimento del danno in favore della madre, del padre e del fratello del nascituro, nella quantificazione del quale ha fatto applicazione delle c.d. “tabelle di Milano” (documento para-normativo che consente la quantificazione del danno non patrimoniale), le quali prevedono a favore di ciascun genitore della vittima importi compresi tra un minimo di € 168.250,00 ed un massimo di € 336,500,00 ed a favore di ciascun fratello importi compresi tra un minimo di € 24.350,00 ed un massimo di € 146.120,00